I sensori di velocità – non è obiettivamente complesso capirlo anche per un profano – servono a conoscere la velocità di spostamento di un oggetto nello spazio. E per quanto possiamo riconoscere che il passaggio dei secoli, e in tempi più moderni anche di pochi anni, abbia portato e porti di continuo a innovazioni tecnologiche e a cambiamenti del modo di pensare di enormi proporzioni, non è difficile capire che, dal primo momento in cui un essere umano è salito, in chissà quale attimo dell’antichità più remota, su un veicolo di qualche tipo – con ogni probabilità su una barca, per quanto rozza e primitiva – si sarà domandato quanto veloce stesse andando – non foss’altro, per determinare se non fosse più veloce e comodo andare a piedi.
E in effetti fu proprio nel campo nautico che vennero inventati i primissimi sensori di velocità di cui abbiamo memoria e notizia: e chi si aspetta qualche dispositivo di straordinaria complessità, purtroppo, potrebbero rivelarsi una grossa delusione. I primi sensori di velocità, infatti, altro non furono che dei lunghissimi rotoli di corda, annodati ad intervalli regolari. Il funzionamento era semplicissimo: si gettava un’estremità della corda fuoribordo, legata ad un peso, e si misurava poi quanti nodi passassero entro un tempo prestabilito. Quella era la misura della velocità della nave – ed è anche, per i curiosi, il motivo per cui l’unità di misura utilizzata normalmente per le navi sono proprio i nodi, ancor oggi. Se però l’unità di misura è rimasta la stessa, i sensori di velocità sono sicuramente cambiati di parecchio, anche sulle navi, e si sono evoluti ancora di più nel campo del trasporto terrestre.
Per molto tempo, i sensori di velocità montati nei veicoli sono stati dei complessi apparati meccanici, dove ingranaggi e cavi muovevano una lancetta su un quadrante per indicare quanto il veicolo si stesse muovendo veloce. Ma erano sistemi innanzitutto complicati, e quindi proni a malfunzionamenti, e secondariamente erano imprecisi: se infatti questi sensori di velocità venivano montati su veicoli con ruote più grandi, o più piccole, rispetto alla media su cui erano tarati, il diverso numero di rotazioni nello stesso spazio compiuto dalle ruote stesse portava a un calcolo errato della velocità stessa. L’evoluzione tecnologica ha quindi portato a elaborare sensori di velocità molto più precisi e moderni, basati oggigiorno sul principio di Hall, e in grado di misurare la velocità in base all’alterazione di corrente in un campo magnetico, quindi senza contatto con le parti mobili stesse. I risultati di questi sensori di velocità sono nettamente più affidabili ed esatti, e permettono misurazioni anche su movimenti molto più rapidi di quelli analizzabili con i vecchi modelli meccanici.