La capitalizzazione degli interessi consiste nell’includere ad un capitale dovuto anche gli interessi passivi da esso maturati. Includere tali interessi nel capitale di debito implica ovviamente da un lato il crescere del debito e dall’altro, come diretta conseguenza, la crescita degli interessi dovuti su di esso.
Questo tipo di pratica è da sempre stata definita illecita dalla giurisprudenza, oltre che dalle più comuni regole del buon senso. Quello di cui stiamo parlando è un fenomeno noto come anatocismo bancario, una pratica definita illegale da una sentenza già del 1942.
Approfittando del vuoto normativo che vede la suddetta sentenza per lungo tempo come unica norma in merito, l’anatocismo è stato sostanzialmente una prassi per quasi quarant’anni, dato che le varie banche hanno sempre utilizzato diversi trucchi per mettere comunque in essere questo illecito.
Il trucco consisteva nel far accettare al futuro correntista una clausola, del tutto illegale, grazie alla quale il cliente si dichiarava d’accordo con la capitalizzazione trimestrale degli interessi.
Il fatto illegale, oltre alla pratica stessa, era che il cliente era sostanzialmente costretto ad accettare la clausola famigerata, in quanto senza tale accettazione non poteva accedere a nessun servizio della banca e la scrittura era stata strutturata in modo che la stessa Corte Costituzionale ha continuato a ribadirne per molti anni la liceità.
Occorre comprendere che l’anatocismo ha generato da solo una grandissima quantità di entrate alle banche che l’hanno messo in pratica e per questo è sempre stato un fenomeno difficile da estirpare.
Finalmente, solo pochi anni fa, con una sentenza storica per l’Italia, la Corte Costituzionale, cambiando completamente idea, ha sancito l’illiceità della capitalizzazione degli interessi, mettendo la parola fine alla storia dell’anatocismo bancario in Italia, con la motivazione incentrata proprio sul fatto che il cliente era di fatto obbligato ad accettare la clausola della capitalizzazione contro la propria volontà e non, come sostenuto fino a quel momento in ogni sede giudiziale di sua spontanea volontà.