Arte! Quale che sia la nostra istruzione specifica, è in generale la nostra cultura a dirci che un’opera d’arte ha un merito intrinseco ed elevato, e forse anche una componente istintiva che ci porta a riconoscerglielo, e per questo ci circondiamo di quadri, di sculture, e cerchiamo di colmare le nostre città di strutture architettonicamente significative, convinti che circondarsi di arte e di armonia possa ispirarci a pensieri e riflessioni profonde.
La linea che tuttavia distingue cosa sia l’arte non è tanto ben definita, nè a livello storico, dove ha fluttuato notevolmente, né meno che mai nel nostro presente, e l’accordo non così generale. Particolarmente nel caso dell’arte moderna, che abbandona criteri di stima come la capacità dell’artista di riprodurre fedelmente la realtà, e la sua perizia tecnica, facendoci smarrire i punti di riferimento a cui siamo abituati a ricorrere dinanzi ad un’opera, siamo sovente in difficoltà, specialmente se proviamo a giustificarci, o almeno a cogliere, i prezzi da vero capogiro a cui tali opere vengono correntemente scambiate sul mercato dell’arte. Non abbiamo dubbi a chiamare “Arte” la Monna Lisa di Leonardo, i Bronzi di Riace, o la casa di Fallingwater di Frank Lloyd Wright; ma è sempre arte un dipinto che, non riusciamo ad impedire di dirci, avremmo potuto realizzare anche noi, senza alcun intendimento artistico, giocherellando con pennelli e colori svogliatamente per un paio di minuti? Facciamo qualche esempio…
Jackson Pollock e l’Action Painting
Una sessantina d’anni fa, per essere più precisi nel 1949, Jackson Pollock fu definito il più grande pittore di tutta l’America. Tre anni dipoi, nel 1952, l’intero taglio che caratterizza il suo lavoro fu definito come “action painting”, e le sue opere non vennero qualificate più come “dipinti”, ma in qualità di veri e propri “eventi”. Osservando però un qualunque quadro di Pollock, e anche ammettendo tutta la propria carenza di preparazione sull’argomento, può rivelarsi oggettivamente difficoltoso rintracciare l’ispirazione, il messaggio, e tutto ciò che di regola definiamo come caratteristico dell’arte in quelli che appaiono come meri schizzi di colore su una tela. E la sensazione non cambia, anzi peggiora, quando si scopre come le sue opere siano state valutate in centinaia di milioni di dollari.
Kazimir Malevich e “Quadrato Nero”
Forse per una formazione artistica imperfetta ed incompleta, che ci abitua troppo a cercare nell’arte il realismo o quantomeno la capacità di tradurre in maniera individuabile, se pur originale, la realtà che ci circonda nel nostro quotidiano, siamo solitamente in difficoltà, in qualità di profani, a riconoscere un reale valore artistico alle opere astratte nel loro complesso. Tuttavia, pur riconoscendo questa carenza culturale di fondo, diventa difficile riuscire a non avere dubbi sul valore artistico di quest’opera di Malevich – letteralmente, una tela quadrata su cui è dipinto un quadrato del tutto nero – o in generale nell’intera corrente di cui fece parte, il Suprematismo. Il mercato dell’arte, d’altro canto, le ha assegnato un valore economico molto determinato, sui sessanta milioni di dollari.
Barnet Newman e “Onement I”
Onement I è un’opera che risale agli anni Quaranta del secolo scorso. Newman stesso, dipoi, la definì senza esitazione l’opera che aveva definitivamente rappresentato la sua rivoluzione artistica, la cifra e la chiave del suo intero lavoro di pittore. È una tela più alta che larga, dipinta di un omogeneo color marrone, e attraversata perpendicolarmente, al centro, da una linea a pennello, dai bordi irregolari, di colore giallo. E proprio quella linea, che Newman chiamava “ZIP” e separava in due la struttura spaziale dei suoi quadri, era secondo l’artista la grande rivoluzione artistica. Al di là dei dubbi, sinceramente legittimi, che questo può far sorgere, rimane la stima economica del quadro, che oscilla stabilmente fra i tre e i cinque milioni di dollari.