Il cheratocono è una malattia oculare che provoca la deformazione della cornea. La patologia può manifestarsi anche prematuramente in età infantile, ma necessita di essere corretta perché se trascurata può indurre a una grave disabilità il cui rimedio può essere solo il trapianto chirurgico di cornea. l’Istituto di Roma MVM ha da tempo messo a punto e perfezionato la tecnica di cross-linking come cura non invasiva e non chirurgica per il trattamento del cheratocono. Le tecniche di cross linking sono varie, vediamo quali sono le principali.
Le principali tecniche di cross-linking
Gli interventi per la terapia del cheratocono vanno dalle tecniche più complesse e lunghe che prevedono anche un decorso post-operatorio a quelle in day-hospital. Qualsiasi sia la tecnica, tuttavia, non si tratta mai di un intervento chirurgico invasivo o doloroso. Le tecniche di cross-linking sono:
- Cross-linking corneale standard: è una tecnica che mira a formare legamenti tra fibre di collagene per impedire lo sfibramento e successiva perforazione della cornea. l’intervento non doloroso, l’incisione è poco invasiva e la durata dell’intervento è inferiore a un’ora. L’intervento mira a far reagire la riboflavina – o vitamina B2, una sostanza fotosensibile – con la luce ultravioletta. Al paziente viene somministrato un collirio che induce la costrizione della pupilla e successivamente si instilla un secondo collirio anestetico. Successivamente si rimuove lo strato epiteliale che riveste la cornea e si applica la riboflavina per inibire la cornea. Per circa un quarto d’ora con intervalli di tre minuti si ripete l’applicazione, per essere sicuri che la cornea assorba la sostanza. La seconda fase è l’irradiamento per 30 minuti della cornea con i raggi UV continuando a instillare la soluzione di riboflavina. Il trattamento si conclude con la copertura della cornea trattata con una lente a contatto protettiva che resta applicata per 3-5 giorni fino a completa ri-epitelizzazione.
- Cross-linking transepiteliale: a differenza della tecnica precedente, il cross linking transepiteliale senza effettuare la rimozione dell’epitelio corneale. La sostanza che si inocula che è sempre la riboflavina è arricchita di molecole che consentono la penetrazione all’interno della cornea senza sollevare lo strato di cellule che rivestono la cornea. Questa tecnica è meno invasiva ed è meglio tollerata dal paziente. La riboflavina viene somministrata ripetutamente sotto forma di collirio con l’aiuto di un blefarostato, uno strumento che mantiene l’occhio aperto. L’occhio si irradia con i raggi UV a bassa intensità, non dannosi per l’occhio, per circa 30 minuti e a intervalli di 5 minuti tra un’applicazione e l’altra.
- Cross linking con iontoforesi: è una delle tecniche più recenti e che si svolge in soli 5 minuti perché si riesce a ottenere una penetrazione del farmaco senza toccare l’epitelio corneale utilizzando la corrente elettrica a bassissimo voltaggio. La seconda fase dell’intervento riprende la tecnica dell’irradiamento con raggi UV. I tempi di irradiamento oscillano tra 30 minuti e 3 minuti in base alla potenza di emissione del laser.
Rischi e decorso post-operatorio del trattamento corneale
Pur non essendo un intervento chirurgico invasivo, i rischi sono sempre presenti e si può accedere al trattamento in presenza di determinate condizioni: lo spessore della cornea deve essere di almeno 400 micron e non deve risultare perforata. Il paziente non deve aver mai sofferto in precedenza di cheratite erpetica, non avere infezioni in corso, non essere tendente ad avere l’occhio secco e non essere allergico alla sostanza somministrata. Indipendentemente dalla tecnica applicata, il paziente può rientrare a casa subito dopo l’intervento, con l’obbligo di controllo il giorno successivo. Il decorso post-operatorio e i rischi maggiori sono legati alla tecnica di cross-linking standard tradizionale perché nei giorni successivi l’operazione, il paziente può avvertire dolore intenso, lacrimazione e fastidio alla luce. Inoltre, è alta la possibilità di incorrere in infezioni post-operatorie, nonché rischi legati alla cicatrizzazione anomala e opacizzazione della cornea. Al contrario, dopo la iontoforesi, per esempio, i fastidi sono notevolmente inferiori, mentre la tecnica transepiteliale li annulla del tutto. La scelta della tecnica, però, dipende dalle effettive condizioni del paziente e dell’avanzamento della patologia.